In questi giorni sento di molte iniziative legate alla divulgazione del concetto di Economia Circolare, incontri, seminari e lezioni universitarie, sono contento che si cominci a parlarne cosi diffusamente.

Come ho scritto in diversi post pubblicati quest’anno su questo blog, sono del parere, che come Paese, dobbiamo fare ancora un po’ di strada prima di sentirci completamente allineati ai principi fondamentali dell’Economia Circolare. Allo stesso modo, non penso che le altre nazioni dell’UE siano molto più avanti dinoi, ma sono certo però, che in alcuni paesi, la tendenza ad adottare un nuovo modello economico di tipo circolare, rispetto ad uno lineare, sia molto più spiccata della nostra. Questa attitudine, è indubbio, li favorisce, sia a livello economico, portandoli a consolidare alcune scelte strategiche innovative nel campo industriale, sia a livello educativo, creando, attraverso un’informazione metodica, una generazione di persone più preparate e consapevoli dell’importanza che assume l’ambiente in cui viviamo e la preservazione delle risorse primarie non rinnovabili del nostro pianeta.

Il divario che ci separa con questi paesi, sta proprio in queste scelte strategiche, che condivise tra le istituzioni pubbliche ed i cittadini, portano ad affrontare il problema del consumo delle materie prime e dello spreco, in modo condiviso.

Un solo modello ambientale per raggiungere obiettivi condivisi e misurabili.

Spesso, nelle presentazioni e negli speeches, che vediamo e sentiamo ad alcuni seminari, ci viene indicato come paragone di confronto la Germania oppure la Danimarca, due paesi che in questi ultimi anni hanno fatto passi importanti verso l’economia circolare, senza considerare il fatto, per esempio, che nelle scuole di entrambi questi paesi, si parla di Riuso, Riciclo e soprattutto di Riduzione dei rifiuti, le basi cioè, dell’Economia Circolare, già da molti anni. Il termine di paragone, quindi, è piuttosto ardito, visto i grandi e gravi problemi che riscontriamo nel nostro paese, solo nel gestire i rifiuti urbani. Tuttavia questo termine di paragone, seppur improbabile, ci stimola a far sempre meglio, ma quando addirittura, come viene scritto in diversi articoli di giornale, passiamo, senza che nessuno se ne accorga peraltro, per essere i primi della classe, sia per il riciclo delle materie, sia sul riuso delle materie seconde, allora penso che qualcosa non torna.

Sotto vi segnalo alcuni articoli che ho letto ultimamente così che possiate capire meglio perché  di colpo, siamo diventati così bravi fino ad essere considerati tra i primi della classe in tutta Europa, uno su tutti il titolo apparso sulla repubblica.it dal titolo “Italia prima in green economy in Europa ma è percepita come il fanalino di coda”.

Ad ogni modo, malgrado quanto scritto sui giornali, e non facendone una questione politica, e neppure io sono un giocatore che gioca contro la sua squadra, penso che noi italiani non siamo così bravi come ci descrivono.

Ammesso che un miglioramento dal punto di vista ambientale, nel corso degli ultimi due decenni c’è stato indubbiamente, personalmente non vedo gli stessi risultati, sia economici che ambientali della Germania o della Danimarca o dell’Olanda o di altri paesi europei!

E voi?

Ripeto, i miglioramenti sono stati molti, tutti molto importanti, basti pensare all’ultima legge approvata in ordine di tempo dal nostro parlamento sullo spreco alimentare, unica in Europa dopo quella emanata dal governo francese qualche mese fa; ma nonostante questo, penso seriamente che gli sforzi non siano ancora sufficienti per farci balzare, come dicono, ai primi posti dei paesi più GREEN dell’UE!

Allora come spiegare questa sensazionale notizia? se non come un ennesimo specchietto per le allodole!

Indubbiamente, si vedono molti sforzi da parte di aziende private, nuove statup, industrie ecc. nel cercare concretamente di inseguire un futuro più sostenibile; viceversa, non si vede da parte delle istituzioni, a partire da quelle nazionali, un coordinamento concreto e duraturo che tracci una strada comune verso l’applicazione di un modello economico circolare. L’industria 4.0, che secondo il Governo Italiano potrebbe essere una luce in fondo al tunnel della non crescita economica, è ancora lontana dall’essere considerata a tutti gli effetti, un modello per il futuro del nostro paese, anche se tutti noi speriamo che l’attesa sia ovviamente la più breve possibile.

Ovunque mi guardi intorno, vedo intraprendenza e innovazione da parte di piccoli o medi imprenditori, che adottando nuovi modelli produttivi ad impatto zero, cercando di contribuire a diminuire il loro impatto sull’ambiente. Contestualmente non vedo, per esempio nelle scuole, un programma condiviso di insegnamento, che abbia l’obiettivo di fare apprendere alle nuove generazioni, l’importanza che avrà per noi il cambiamento del modello economico che ci stiamo, inevitabilmente, preparando ad affrontare. Per intenderci, insegnare nelle scuole il futuro che verrà, oltre che al passato, di cui oggi siamo per tutto prigionieri.

A questo proposito, oserei dire che siamo ostaggi del nostro passato, che seppur colmo di storia, arte e letteratura, anziché ispirarci, ci sta rallentando in modo inesorabile, impedendoci di sviluppare diversamente le nostre attuali abilità, che sono lontane anni luce, anche solo dalle idee industriali, sociali ed economiche di cinquant’anni fa.

Osservando quello che sta succedendo dal punto di vista economico/ambientale, anche solo all’interno dei paesi della UE, mi rendo conto che per noi il fattore più penalizzante è la non informazione su quello che rappresenterà il futuro. Con tutti i suoi collegamenti industriali, sociali ed economici, il futuro sarà più che mai aperto a nuove opportunità, ma solo per chi è pronto per sfruttarle al meglio, e noi per esserlo, abbiamo bisogno di prepararci ad unisono, come persone, aziende e istituzioni.

Parlare quindi di vincitori e primi della classe, in fatto di riciclo, rifiuti zero, ecc, non mi sembra veritiero ed oltremodo sbagliato, vista, per esempio, la disastrosa gestione dei rifiuti urbani in molti Comuni italiani. Se tutto fosse andato come scritto in questi articoli, mi aspetterei di trovare un economia quantomeno in crescita, visto che l’attuazione dell’Economia Circolare stima un forte incremento di Prodotto Interno Lordo (PIL), dovuto in gran parte alla capacità di un Paese, di creare dagli scarti materie prime riutilizzabili,  e posti di lavoro ad essa associati. Attualmente il nostro PIL è dello 0,5 punti percentuale, poco per dire che siamo i più bravi.

Insomma, stiamo sicuramente migliorando, ma di strada ne dobbiamo fare ancora molta per arrivare a risultati soddisfacenti. Non mi stancherò mai di dirlo, ma sono convinto che la chiave di tutto è la comunicazione e l’insegnamento puntuale dei principi del nuovo modello economico, che deve essere attuato, affinché le persone capiscano come l’applicazione del modello circolare può influire sulla nostra vita, ottimizzando i costi legati alla produzione ed al riuso delle merci.

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