La attivazione di modelli di business circolari è solo un problema di incentivi o è anche un problema di comprensione?

La attivazione di modelli di business circolari è solo un problema di incentivi o è anche un problema di comprensione?

Ancora oggi, nonostante i grandi sforzi che si stanno compiendo, anche attraverso le Associazioni di Categoria, per attivare efficienti modelli circolari di produzione e di consumo, allo scopo di ridurre gli scarti e non solo, sono ancora molti gli imprenditori che rimangono fermi su vecchi schemi e non vedono le molte opportunità che si possono creare attivando modelli di business innovativi, circolari e sostenibili. Sono molti, infatti, gli imprenditori – ma anche Manager pubblici e privati – che ritengono sia ancora lontano il momento in cui le aziende approvano metodologie e buone pratiche per diminuire la grande quantità di scarti che si producono. Sia ben chiaro, non è solo un problema di volontà, quella esiste – non sempre chiaramente, ma c’è; più che altro è un problema economico, che gli imprenditori leggono come un aggravio per i conti delle imprese, non percependo che nel prossimo futuro anche i modelli finanziari, premieranno solo le aziende innovative e con limitato impatto sull’ambiente. Infatti, secondo quanto emerge dagli imprenditori, diventa difficile ridurre la produzione dei materiali di scarto, senza cambiare i cicli di produzione – e di consumo – ormai consolidati da anni. Il cambio del modello di business, che si traduce in pratica, in un cambio di ciclo produttivo, rappresenta un grande investimento in strumentazioni e macchinari, che al momento solo in pochi riescono ad affrontare. Convinti come sono, che il gioco non vale la candela, l’applicazione di nuovi modelli di business circolari e sostenibili, cosi come tutti i progetti innovativi, diventano per la maggior parte delle imprese impossibili da portare avanti.

Su queste basi, quale interesse hanno questi imprenditori ad intraprendere la strada verso la sosteniblità, applicando modelli di business circolari anziché lineari?

Questa domanda non è banale, perché è nella risposta che si devono trovare le giuste “leve” per accelerare il passaggio verso l’economia circolare.
Trovare le leve giuste, vuol dire soprattuto parlare di incentivi; incentivi che ad oggi non ci sono e che permetterebbero invece di attivare, non solo meccanismi circolari sistemici nelle catene di produzione, ma anche di stimolare un cambio di mentalità nelle aziende a partire dal management.

Quali possono essere gli incentivi praticabili?

Premesso che i Bandi e programmi di ricerca, sia nazionali che europei, sono e rimangono una delle strade più percorribili, nonostante la difficoltà, in alcuni casi, soprattuto per le PMI e MI ad orientarsi verso queste possibilità, data la grande difficoltà ad avere anche solo i requisiti minimi e senza contare la difficoltà nel confezionare correttamente i bandi, ci possono comunque, essere delle alternative diverse capaci di incentivare e cambiare il comportamento delle aziende.


Proviamo a verificarne alcune:

  • Fare formazione: può essere una leva per attrarre incentivi di tipo reputazionale. Per esempio, più visibilità presso le associazioni di categoria, portali governativi e regionali, social media e media tradizionali; oppure fare formazione, può essere tradotto in punteggio tecnico più alto in fase di gare pubbliche o private, qualora si dimostrasse che l’impresa sviluppa al suo interno programmi di formazione del personale e del management, oriantati alla comprenzione del concetto di Economia Circolare e della sostenibilità.
  • Essere trasparenti: cioè rendere volontariamente pubblico il valore dell’impatto che un prodotto oppure un servizio ha avuto verso l’ambiente ed i cambiamenti climatici. Valore  he può essere monitorato negli anni (grafico della performance positiva, indice di impegno e trasparenza). Le persone in fondo lo chiedono: Clima: 85% italiani favorevole a marchio ‘climate change’ su prodotti. L’incentivo in questo caso, può essere uno sgravio fiscale sulla Tassa Rifiuti calcolata attraverso una correlazione con l’analisi della Product Environmental Footprint (PEF) e Organisation Environmental Footprint (OEF). [1]
  • Intraprendere un percorso di sostenibilità di un prodotto o di un servizio. In questo caso la Mappatura della Supply Chain dei materiali approvvigionati più essere un elemento determinante per applicare detrazioni sull’IVA sui materiali approvvigionati. In questo caso si incentiverebbe anche l’uso di Sottoprodotti (D.M. 264/16), purtroppo oggi ancora del tutto disatteso a favore di politiche di smaltimento unitili, ma certamente più redditizie per chi le sostiene e le consiglia.

Ricordando che SE CAMBI L’INCENTIVO CAMBI IL COMPORTAMENTO, trovare quelli giusti, può davvero fare decollare l’Economia Circolare.

Come sempre le proposte dell’articolo sono migliorabili.
Fatemi sapere nei commenti quali incentivi vedreste più applicabili e perché?



Note

[1] – PEF ed OEF sono metodologie che consentono di misurare le prestazioni ambientali lungo il ciclo di vita rispettivamente dei prodotti e servizi (Product Environmental Footprint – PEF) o delle Organizzazioni (Organisation Environmental Footprint – OEF). Traggono origine dalla Raccomandazione 2013/179/UE della Commissione Europea del 9 aprile 2013, che mira al significativo obiettivo di introdurre metodologie comuni per misurare e comunicare le prestazioni ambientali nel ciclo di vita dei prodotti e delle organizzazioni

 

cG. 2019©

#pensacircolarepodcast #circulareconomy #sustainability #future

 

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