Questo articolo trae spunto dalla convinzione che si può fare tanto per recuperare in modo sicuro e  sostenibile i rifiuti-residui provenienti dalle attività di C&D (costruzione e demolizione). I dati ricavati dagli studi di settore a livello nazione ed europeo, ci parlano di una grande quantità di rifiuti da C&D prodotti negli ultimi anni in Europa. Infatti, circa 1/3 dei rifiuti speciali prodotti nel vecchio continente, una quantità pari a circa 820 milioni di tonnellate, su un totale di rifiuti speciali che è di circa 2,5 miliardi di tonnellate, è riconducibile a rifiuti da C&D.

In Italia (ma il dato è incompleto a causa della quota di lavorazione in nero non stimabile e dispersa in discariche non autorizzate) ciò che emerge dai dati Eurostat del 2012 è la bassa quantità di rifiuti da C&D prodotta, pari a circa 53 milioni di tonnellate (riciclo intorno al 70%); quantità decisamente inferiore rispetto ad altri stati membri dell’Unione (Paesi Bassi, con una popolazione oltre quattro volte inferiore rispetto a quella italiana, registrano 81 milioni di tonnellate di rifiuti da costruzione e demolizione, la Germania 197 milioni, la Francia 247 milioni, il Belgio 24 milioni, la Gran Bretagna 100 milioni).

Questi dati ci indicano che siamo alle prese con alcune criticità che limitano il recupero e riuso di questi materiali, innescate sia da norme e processi troppo macchinosi e poco chiari, ma soprattuto, dallo smaltimento abusivo e dalla concorrenza delle compagnie di escavazione di prodotti naturali.

Malgrado le campagne a difesa del suolo, portate avanti negli ultimi anni da alcune organizzazioni ambientaliste nazionali di grande visibilità, il legislatore italiano, al contrario di quello che già avviene in altri paesi dell’UE, non riesce a comprendere affondo, quali grandi benefici, sia occupazionali che ambientali, possano essere creati dal recupero dei materiali inerti da C&D. Purtroppo in Italia, nascosto dietro l’alibi della diffidenza dei potenziali utilizzatori, il riuso dei materiali da C&D è largamente ridimensionato a favore di quelli prodotti da materiali vergini da cava. Difronte a questo dato di fatto, ciò che ritengo di grande valore, non solo ambientale, ma anche etico e sociale, è la valorizzazione reale dei materiali da C&D, a partire da un nuovo approccio controllato, della filiera di smontaggio degli edifici. Nonostante alcune importanti città e provincie italiane, si siano dotate di strumenti interni per favorire il recupero di questo tipo di materiali, nella maggior parte dei casi, il loro recupero è limitato al reimpiego come materiali di sottofondo o come riempimento di cave dismesse, oppure per ripristini ambientali; mancano del tutto, in queste pratiche, quelle al fine del riuso – una delle pratiche portanti dell’Economia Circolare.

Tabella di comparazione – Produzione di cemento da materiali naturali da cava e ripartizione dei materiali estratti.

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Quali metodologie mancano per favorire il riuso dei materiali da C&D?

In realtà le metodologie non mancano per arrivare a riusare i materiali da C&D, forse manca la volontà e le risorse economiche per attuarle. Ma partiamo col dare un significato diverso alla pratica della demolizione e chiamiamola de-costruzione, ripensando alla capacità tecnologica e progettuale, che adesso, ci aiuta nelle fasi di smontaggio di un edificio. De-costruire non vuole dire demolire. La de-costruzione è guidata dall’idea del progetto iniziale, dalla capacità del progettista di pensare al fine vita di un manufatto, nel nostro caso di un edificio, qualunque sia stato il suo uso. Pertanto la de-costruzione necessita di un approccio sistematico, come per la costruzione e nel caso ci trovassimo difronte a situazioni dove gli edifici non sono stati pensati con l’obiettivo del fine vita, il nostro porci davanti al problema della de-costruzione, deve essere più che mai metodico per essere efficace. Si parla molto di demolizione selettiva, al fine di facilitare le operazioni di disassemblaggio e separabilità dei componenti e dei materiali, dimenticando spesso che un approccio sistemico a questo tipo di intervento è fornito dall’Audit pre-decostruzione, strumento fondamentale per pianificare gli interventi di smontaggio ed i costi associati all’intervento.

Quali indicazioni ci fornisce l’Audit pre-decostruzione?

All’interno di un modello circolare, l’audit pre-smontaggio, diventa la base per capire quali strade possono intraprendere i materiali recuperati dalle operazioni di de-costruzione.

La catalogazione dei materiali è solo uno degli obiettivi, forse il più facile da realizzare per questo strumento; il suo valore più grande è espresso dalla capacità di ricollocare i materiali all’interno di un mercato economico, anche locale. Non solo residui di CLS  – aggregati riciclati – e altri materiali edili, dalla de-contrazione nascono opportunità concrete per valorizzare tutti i materiali che compongono un edificio, a partire dalle finestre, dalle porte interne, dai radiatori e dai pavimenti, ecc.

L’Audit pre-decostruzione serve per:

  • Elencare e quantificare le tipologie di materiale che compongono l’edificio;
  • Definire le modalità e le pratiche di intervento al fine di ridurre i materiali da inviare a smaltimento;
  • Definire i costi delle operazioni de-contrazione e individuare il prezzo di vendita dei materiali recuperati.
  • Definire i controlli sui materiali recuperati al fine del riuso;
  • Individuare i potenziali usi e mercati dei materiali recuperati.

A fronte di queste indicazioni, che fotografano lo stato della filiera di de-costruzione di un qualsiasi edificio, rimane aperta una considerazione importante: chi garantisce la riusabilità dei materiali?

In un mercato vincolato dalla domanda calante di materiale da costruzione a causa della crisi economica che ha colpito l’Europa e l’Italia in modo particolare, la necessità di saper garantire la riusabilità certificata questo tipo di materiali, diventa ancora più importante per via del loro ri-uso sempre maggiore nella filiera dell’edilizia sostenibile (bio-edilizia).

Attraverso l’analisi del ciclo vita (Life Circle Assessment  – LCA) diventa chiaro come un mattone, recuperato attraverso una de-costruzione selettiva, sia chiaramente, meno impattante per l’ambiente di un mattone costruito ex novo da materiali vergini di cava, ma a completamento di questo dato essenziale ci deve essere una certificazione univoca, che comprenda la totalità dei requisiti di usabilità.

Diventa quindi primario colmare questa lacuna, attraverso la messa in atto di procedimenti e metodiche che garantiscano il riuso di questi materiali, alimentando un nuovo mercato edile di materiale usato certificato. Come per l’attuazione di molti modelli circolari, il potenziale economico derivante da questa sfida è potenzialmente molto grande e permetterebbe il rilancio di interi territori locali, ad oggi alla prese con seri problemi occupazionali. Un esempio in questo senso è stato il Progetto London 2012, che ha dato origine al Parco Olimpico di Londra. In questo progetto, per esempio, l’uso di tool informatici appropriati, hanno consentito il recupero e il riuso di grandi quantità di materiale, individuando a priori le tipologie e il potenziale riuso dei materiali all’interno dei mercati locali e nazionali.

Conclusioni:

E’ evidente che ci sono alcune barriere, sia di natura economica, legate ai costi reali della de-costruzione selettiva e alla sua efficacia, sia di incertezza, legata al reale potenziale recupero di questi materiali, che impediscono il decollo del riuso dei materiali da C&D. Tuttavia, aspettando che la politica faccia la sua parte nel regolamentare in modo più appropriato la escavazione di materie vergini da cava, ed incentivare l’uso dei materiali di recupero, attraverso l’emanazione delle linee guida dell’EoW, sia i committenti, che i progettisti, che le Pubbliche Amministrazioni, possono fare la loro parte per intraprendere la strada verso la circolarità di questi materiali.

Questi i passi necessari per intraprendere questo cammino:

  • prediligere sempre la demolizione selettiva degli edifici;
  • affidarsi all’Audit pre-decostruzione per pianificare le attività ed i costi dell’intervento;
  • affidarsi ad analisi sul ciclo vita dei materiali per individuare i potenziali usi ed i potenziali mercati di riferimento;
  • incentivare la realizzazione sul territorio di Miniere Urbane Edili, che sappiano creare il mercato di riferimento – Mercato del riuso;
  • Incentivare la creazione ed il consolidamento di professionalità a supporto del nuovo mercato del riuso – tecnici e supervisori specializzati nella fase di Audit pre-demolizione, artigiani restauratori;
  • Creare aspettative di crescita per i territori sfruttando le opportunità fornite dai modelli circolari.

 

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