Quando trenta o quaranta anni fa, gli amministratori pubblici locali, attorniati da tecnici poco lungimiranti, sceglievano di affatturare sul territorio lavori di arginamento e copertura di molti corsi d’acqua, più o meni piccoli, non avevano fatto i conti con il futuro e con quello che sarebbe capitato da li a trent’anni. Un grave errore di valutazione, che oggi ci sta costando in termini economici ed umani. Come spesso accade dopo, ci domandiamo il perché di quelle scelte sbagliate, che ormai sono state fatte e che a noi tocca correggere; ma non ci domandiamo mai: per quale motivo quegli amministratori pubblici non sono stati in grado di vedere il futuro? Cosa gli ha impedito di farlo? Cosa li ha persuasi che non serviva essere così tanto lungimiranti?
La mia personale opinione, tanto semplice quanto banale, è che non erano abituati a farlo!
Non avevano la capacità di guardare oltre; non vedevano il futuro – che però è arrivato – con tutte le sue novità, gradevoli e sgradevoli.
Oggi il discorso dovrebbe essere diverso. Per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici, abbiamo la necessità di avere amministratori che interpretano i dati ed abbiano la capacità di gestire situazioni complesse, di guardare con occhi nuovi il territorio e di essere lungimiranti.
Se queste figure non ci sono, le dobbiamo creare.
Non basta essere dei “politici” per governare un territorio; bisogna essere dei visionari e dei manager. Bisogna che queste persone siano in grado pensare avanti – di vedere oltre – per tutelare persone e cose, e per farlo, noi, la nostra società, deve essere in grado di preparare persone all’altezza.
Cosa stiamo imparando da quello che è successo solo pochi mesi fa, e quali nuove strategie sapremo innescare, tutte le volte che un territorio, sarà nuovamente colpito da violente bombe d’acqua? o da altri eventi inattesi ed imprevedibili?
Cosa possiamo fare nell’immediato, per mitigare questi violenti impatti atmosferici, che ormai sono diventati devastanti sia per i territori, che per la popolazioni? Cosa possiamo fare per contrastare il cambiamento climatico?
La sfida che ci vede tutti protagonisti, e che fra tutte è quella più importante, è quella di diventare capaci, come cittadini e come amministratori, di guardare oltre. Guardare avanti. Diventare così bravi da anticipare quello che verrà!
Il punto non è inventarci una bacchetta magica, ma guardare con conoscenza ciò che ci riserverà il futuro e farci trovare preparati per evitare, o attutire, le conseguenze che inevitabili ci saranno e avere la capacità di diventare comunità resilienti.
Diventare una comunità resistente, vuole dire diventare consapevoli che le nostre abitudini quotidiane e le nostre pratiche di progettazione e di gestione del territorio cosi, come le abbiamo impostate oggi, non sono più sufficienti per garantirci un futuro sereno e privo di rischi; e che per affrontare quello che riserverà il futuro, dobbiamo certamente cambiarle, adattandoci con intelligenza a nuovi e più sostenibili standard di convivenza, di vita e di progettazione.
4 requisiti per diventare una Community capace di guardare oltre e diventare resiliente:
- Diventare una manager community. Non è scontato, anzi! Pochi o quasi nessuno sono dei veri manager. Manager, letteralmente vuole dire, colui che gestisce – un impresa, una città, una famiglia – capace cioè di pianificare e gestire le risorse (tutte le risorse!) situazioni e conflitti.
- Diventare net community capace di compensare la mancanza di conoscenza. Essere in grado di collegare più competenze possibili a livello territoriale; coinvolgere aziende publiche e private ed associazioni, cittadini, aumenta in modo esponenziale la capacità di ridisegnare il territorio in funzione delle singole necessità, così da potere attutire o eliminare gli eventuali rischi causati dai cambiamenti climatici. In altre parole: prevedere insieme il futuro!
- Diventare una sharing community offrendo esperienza personale e aziendale. Integrando e consolidando gli asset territoriali attraverso la condivisione di sinergie strategiche pianificate.
- Diventare una informed community. Lo sviluppo della resilienza di un territorio, spesso, passa attraverso lo sviluppo tecnologico che si concretizza con la necessità di infrastrutture e impianti che creano le normali condizioni per affrontare i cambiamenti climatici e le loro conseguenze. Essere partecipi ed informati di queste necessità, diventa la priorità per condividere conoscenze ed esperienze e per non innalzare muri sul futuro.
Come al solito il post è una finestra tutta da aprire, per scoprire e condividere nuove e più approfondite visioni, ma resta una traccia su cui iniziare a pensare.
Resilienza
(da treccani.it)
Nel suo etimo latino resalio, ovvero l’iterativo di salio, significa saltare. Un verbo associato ad un’immagine precisa: saltare su una barca alla ricerca della salvezza. Una barca che magari s’è capovolta, fatto che comporta un’ulteriore prova di agilità. Tant’è che nelle varie interpretazioni di resilienza si arriva al verbo danzare. Su questa linea di ricerca prende forma l’idea di resilienza come capacità duttile che dalla scienza dei materiali (per cui s’intende un particolare assorbimento della deformazione elastica) alla psicologia (fare un passo indietro e con una rincorsa superare una difficoltà esistenziale) si approda ad un concetto strategico, quello di performance, l’azione culturale che mette in relazione creativa il corpo con lo spazio. E’ a partire da questa impronta culturale che c’interessa cogliere il rapporto tra la resilienza e quella dimensione urbana che si sta rivelando come lo scenario di un’innovazione sociale attraverso cui sviluppare ciò che definiamo smart community. L’intelligenza di una comunità è direttamente proporzionale alla sua capacità di mettersi in gioco per interpretare le criticità di un sistema in transizione e magari tradurle in opportunità.
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